La democrazia in fasce e non in fascio. La lezione della Germania post Trattato di Versailles in questi giorni di emergenza da coronavirus.
Quell’altro è rappresentato dalla profonda crisi economica che il popolo tedesco subiva sin dalla firma del trattato di Versailles, dalla sua esasperazione, e dalla volontà-speranza di abbandonarsi all’Uomo solo al comando, colui in grado di decidere in maniera immediata e senza consultare nessuno, cosa fosse meglio per il popolo. In Italia non ci fu l’uomo solo al comando, almeno non all’inizio. Ben avvezzi alle lotte intestine, noi italiani individuiamo il nostro dittatore tra chi è in grado di urlare più forte degli altri. Negli anni Venti gli urlatori erano molti, ma due spiccavano in maniera particolare; D’Annunzio e Mussolini. D’Annunzio, estroso ed incline a qualsiasi vizio, Mussolini idealista a velleitario, un po' più pragmatico del primo. I due risolsero il loro “conflitto” nella classica maniera italica, ossia spartendosi il potere. D’annunzio sarebbe stato il Poeta vate, guida spirituale del Popolo, a Mussolini, invece, il ruolo di Duce che significa condottiero, dal verbo latino all’infinito ducere, condurre. In cambio Mussolini pagava lautamente il Vate in soldi, cocaina e assicurandogli la compagnia di belle fanciulle.
Nelle scuole italiane stranamente la storia la si
studia in “pillole” senza capire cosa sia stata la Prima guerra mondiale e
dando spazio soltanto alla Seconda. In realtà il secondo conflitto mondiale non
è altro che il prosieguo del primo, e la storia la si comprende soltanto se si
parte dall’inizio. Historia magistra
vitae – storia come maestra di vita – ma soltanto se siamo in grado di
capire a fondo gli eventi e le ragioni scatenanti, dunque il mero imparare
mnemonicamente delle date, evidentemente, non ci agevola nell’arduo ruolo di
trarre quella lezione che ci consenta di “navigare” nel mondo che ci circonda,
avendo a nostra disposizione tutti gli strumenti necessari e funzionanti e,
senza incappare nel rischio di naufragare in un mondo pseudo complesso ed
interconnesso.
Cosi il Primo conflitto mondiale ha cambiato le
sorti del mondo, ha spazzato via imperi e dato origine alla nascita di nuovi
Stati che prima esistevano soltanto come agglomerati umani i cui membri erano
legati gli uni agli altri da un mero spirito embrionale di nazione, intesa dal
Manzoni come: «Una d’arme, di lingua,
d’altare, / Di memorie, di sangue e di cor»[1].
La Prima guerra mondiale, o Grande guerra che dir
si voglia, ha spazzato via imperi quali l’Austro-Ungarico, dalla cui
dissoluzione sono nate nuove entità statuali tra cui la Cecoslovacchia, dal 1993 due Stati distinti e separati, nata dalla
fusione di Boemia e Moravia sotto la Cechia, fino ad allora appartenute alla
corona Austriaca sotto la duplice
monarchia imperiale e regia, e la Slovacchia, fino ad allora sotto la
corona ungherese per quasi mille anni; l’Ungheria;
l’Austria; la Slovenia e la Romania
(Trattato del Trianon). Ha spazzato via l’Impero Ottomano (Trattato di Sèvres), da cui nasce tra
gli altri la Turchia, l’Egitto e l’Iraq. È stato uno stravolgimento unico, e la fine del Primo
conflitto bellico segnala nascita di un nuovo mondo, che per la Germania ha
inizio con il trattato di Versailles firmato il 28 marzo 1919 e in particolare
l’art. 231 che stabiliva il principio per cui: «La Germania riconosce che essa è responsabile, per averli causati, di
tutti i danni subiti dai governi alleati e associati e dai loro abitanti, in
seguito alla guerra, che è stata loro imposta dalla sua aggressione»[2].
La Germania pertanto uscì dalla guerra umiliata,
sia perché gli furono addossate tutte le colpe morali di aver causato il
conflitto, ricordiamo che il conflitto scoppiò in seguito all'assassinio
dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este, avvenuto il 28 giugno 1914 a
Sarajevo e alla seguente dichiarazione di guerra dell’Impero Austro-Ungarico
alla Serbia, sia per le riparazioni a
cui fu condannata dal Trattato di Versailles. Cosa prevedevano le riparazioni e perché i Tedeschi di
sentirono umiliati? Tra le altre cose esse prevedevano che la Germania
risarcisse gli Alleati con un importo pari a 132 miliari di marchi oro in 30
anni, corrispondenti a circa 130 miliardi di euro (suddivisi in circa 4 miliardi
l’anno) più l’occupazione di alcuni territori. Da qui all'iperinflazione il
passo è breve; i Tedeschi si ritrovarono umiliati dalle potenze straniere e da
un Trattato considerato ingiusto; l’iperinflazione faceva perdere valore al
marco, tanto che per andare a comprare il pane bisognava girare con carriole o
valigie piene di soldi, il cui valore appunto si svalutava di giorno in giorno,
ed un giovane Hitler che prometteva di risollevare la situazione. Manca un
ingrediente alla ricetta, “l’untore”.
In queste settimane l’Italia sta vivendo
l’emergenza coronavirus. Dai Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri
(DPCM) 8 e 9 marzo 2020, emerge un nuovo scenario che per noi nati
abbondantemente dopo la fine del Secondo conflitto mondiale e dal lato “giusto”
della Cortina di ferro, è anomalo e talvolta incomprensibile; si tratta di una
limitazione di fatto della nostra libertà per motivi di salute pubblica e
previsto dall’Art. 16 della nostra Costituzione: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi
parte del territorio nazionale, salvo le
limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o
di sicurezza». Partendo dal disposto Costituzionale e da altre norme (vedi
Legge 400/1988) l’Art. 1 del DPCM dell’8 marzo alla lettera a afferma che bisogna: «Evitare ogni
spostamento delle persone fisiche…» mentre sempre l’Art.1 ma del DPCM del 9marzo, alla lettera d, ultimo
paragrafo recita: «lo sport e le
attività motorie svolti all'aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che
sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro».
Da quest’ultima frase nasce tutto il ragionamento
alla base di questo articolo. Perché dunque paragonare questa situazione
temporanea e Costituzionalmente legittima, l’emergenza COVID-19, con l’ascesa
al potere di Hitler e tutta la digressione sull’importanza storica della Grande
guerra al fine, comunque, di inquadrare il momento storico e sociale in cui le
idee folli del nazismo hanno trovato terreno fertile? Perché è in questi giorni
che gli italiani manifestano la volontà di avere l’uomo forte al potere,
rimpiangono quei regimi di cui ne ignorano totalmente il significato,
escludendo l’aspetto folkloristico, e addirittura invocano la pena di morte per
chi esce di casa, il cosiddetto “modello cinese”. In realtà l’odio verso gli
altri, le tendenze populiste ed antieuropeiste non nascono oggi, alla luce deicommenti di Lagarde, la governatrice della BCE, ma già ai “tempi”
dell’emergenza migranti; e si, sembra passato tanto tempo ma non lo è. Imigranti, comunque, continuano a sbarcare e a morire in Europa, ma il
nostro cruccio è spiare il vicino di casa che con la scusa dei bisogni del cane
si è azzardato addirittura di fare una passeggiata di ben 500 metri, allora facciamoci spiare dallo Stato.
Qual è allora il problema nell’invocare le maniere
forti, l’Uomo solo al potere, piuttosto che, seppur momentaneamente, un momento
di ulteriore limitazione della nostra libertà. Il problema risiede nella
democrazia in quanto tale e nel nostro sistema giuridico. Non so se i Tedeschi
degli anni Venti al momento in cui supportavano Hitler nei suoi primi comizi si
sarebbero aspettati di compire uno dei massacri più atroci della storia
dell’uomo uccidendo sei milioni di ebrei, senza contare il numero di disabili,
comunisti e zingari. E magari la fiducia che hanno riposto in Hitler, ai loro
occhi, sarebbe stata soltanto temporanea, volta a risolvere i problemi
economici post bellici e post Trattato di Versailles . Ma la dittatura non è
temporanea. L’abbandono dei metodi democratici è permanente, almeno fin quando il
dittatore non va a finire a testa in giù. Pertanto chiederei a quanti negli
ultimi anni sono stati definiti “leoni da tastiera”, siete sicuri che invitare
a tirare addosso ai passanti dei sassi, per il solo fatto di essere andati a
fare una passeggiata, e invocare le maniere forti, non sia uno stanco ed
anacronistico richiamo ai tempi bui?
La democrazia è per me come un bambino in fasce,
appena nato, se lo scuoti troppo crei effetti irreversibili, arrivando a
cagionarne anche la morte. La democrazia è fragile, rimane sempre bisognosa delle
nostre cure e del nostro senso della misura. Essa, inoltre, richiede rispetto e
comprensione delle ragioni degli altri e forte senso di responsabilità. Se
smarriamo o cediamo volontariamente i valori democratici in nome di una
dittatura efficace ed efficiente, allora perderemo la nostra libertà, che per
un popolo il cui motto al momento è: «Salus Spritz et prandium suprema lex
esto» mi pare sia auspicabile.
Chi va a correre o in bici in questo periodo rimane
un cretino. Allora puniamo i cretini, non la nostra Italia auspicando che dittature
e metodi forti la deturpino e la rovinino. Allora invito tutti, in questi
momenti difficili, ad usare meno i social e a leggere di più i libri, manufatti
di carta e inchiostro.
[1]
Alessandro Manzoni, Marzo 1821
[2]
Jean-Baptiste Duroselle, Storia
diplomatica dal 1919 ai nostri giorni, Edizioni LED, Milano 1998
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